La paura ai tempi del Coronavirus: se questo è un calabrese

coronavirusstazionidi Pasquale Romano - Difficile ricordarsi un 8 marzo più triste nella storia recente italiana. Il giorno solitamente dedicato alla donna diventa la celebrazione della paura, ricettacolo di psicosi e inquietudini. Le immagini della stazione di Milano presa d'assalto, subito diventate virali, assomigliano a disperate scene di guerra, in Italia rimaste vivide solo in chi ha dovuto sfortunatamente farci i conti alcuni decenni fa.

Centinaia di persone si sono accalcate sui treni subito dopo la fuga di notizie riguardante il nuovo decreto del Governo e che prevede alcune regioni del nord (tra queste la Lombardia) blindate per far fronte all'emergenza Coronavirus.

In Lombardia si concentra il maggior numero di persone positive al Covid 19, termine asettico in pochi giorni diventato l'incubo di tutti gli italiani. Milano è da tempo una 'succursale' del meridione, l'esodo negli ultimi anni se possibile è aumentato a causa della crisi occupazionale che convince migliaia di giovani a trasferirsi dal sud al nord.

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Controesodo che viene registrato ogni anno in occasione delle festività natalizie e pasquali, così come delle ferie estive. Si torna all'ovile, si trascorrono le vacanze con amici e parenti al sole del sud. Ben diversa e preoccupante invece la ragione che ha portato (non solo ieri) migliaia di meridionali emigrati a far ritorno nei loro luoghi d'origine.

L'istinto primordiale della paura, fondamentale per la sopravvivenza, in questo caso è il clic che ottenebra le menti. La paura, per definizione, non dovrebbe giudicarsi. E' un'emozione privata, intima e personale, dalle molteplici sfumature.

In questo caso però il comprensibile timore di sfuggire al contagio avrà (in casi simili la scienza non ammette dubbi) direttissime conseguenze e ripercussioni sulla situazione delle regioni del sud. La Calabria, in particolare, sino a oggi è stata la regione meno colpita dal Coronavirus. Un primato da tenere stretto con le unghie e con i denti, considerata la disastrosa situazione del sistema sanitario calabrese.

Quello che al nord è un'emergenza da affrontare con la massima cautela e dovuta preoccupazione, in Calabria rischia di essere un disastro. Un disastro per tutti: non solo per gli amici e i parenti delle persone che hanno arbitrariamente deciso di tornare in Calabria, ma anche per loro stessi.

Una vera e propria follia la scelta di precipitarsi fuori dalle zone rosse e tornare in Calabria, ingiustificata e ingiustificabile. Nell'epoca del facile odio via social e degli haters, tutto servirebbe adesso tranne che un altrettanto folle 'caccia all'untore'. In particolare in una situazione simile, dove la forbice tra normalità e panico incontrollato si fa sempre più sottile.

Coraggio e speranza alcuni dei termini che si possono utilizzare per esprimere il contrario di paura. Sono i due pilastri sui quali la Calabria dovrà reggersi in queste settimane, assieme alla competenza delle istituzioni in relazione alle misure da adottare (e da far rispettare) e al buonsenso di tutti i calabresi, che devono quantomai attenersi scrupolosamente alle misure di prevenzione.

La battaglia da vincere è contro un nemico invisibile, subdolo. Tutta l'attenzione deve essere rivolta verso un numero (quello dei contagiati) da tenere il più basso possibile. Ogni comportamento può contribuire, nel suo piccolo, per vincere questa battaglia.

Anche i calabresi tornati dalla Lombardia possono farlo, questa volta però la scelta deve essere quella giusta. Isolarsi in casa è avvisare le autorità competenti. E' il momento di mostrare il sentimento di unione ed appartenenza che i calabresi solitamente sanno tirare fuori quando le difficoltà sembrano insormontabili.